Sale a 1000 euro il divieto di pignoramento delle pensioni grazie a una nuova disposizione inserita dalla legge di conversione del decreto Aiuti bis, diventato legge lo scorso 21 settembre 2022 e ufficialmente entrato in vigore il giorno seguente. Il cosiddetto limite di impignorabilità viene quindi, di fatto, innalzato di quasi 300 euro rispetto ai parametri precedenti.
Il decreto Aiuti Bis ha modificato in tal senso l’articolo 545 del Codice di Procedura Civile, che ora definisce il tetto di impignorabilità per le pensioni come pari “all’ammontare corrispondente al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, con un minimo di 1000 euro”.
Importante è anche notare che le novità introdotte dall’emendamento non fanno riferimento solamente ai pensionati in senso stretto, ma anche ai beneficiari di assegni sociali e ai lavoratori che percepiscono uno stipendio da dipendente.
La scelta è da interpretarsi come strategica alla luce dell’attuale inflazione, che ha generato un notevole rincaro dei prezzi richiedendo inevitabilmente l’adeguamento del cosiddetto “minimo vitale” al fine di garantire anche al debitore i mezzi sufficienti alla propria sussistenza.
Il minimo vitale impignorabile: perché il suo aumento a 1000 euro è così importante
Per comprendere l’importanza dell’aumento a 1000 euro (rispetto alle precedenti 702,42 euro) del limite di impignorabilità delle pensioni è comunque opportuno fare un passo indietro e chiarire cosa sia esattamente il “minimo vitale impignorabile”.
Viene definita in questa modo la somma stabilita dalla legge che un debitore – sia che si tratti di rate del mutuo non saldate, di cartelle esattoriali o di condanne al risarcimento danni – non può vedersi pignorata perché, senza di essa, non disporrebbe dei mezzi di sussistenza necessari a sopravvivere.
In termini pratici, la novità introdotta dal decreto Aiuti bis è quindi cruciale perché impedisce al creditore – sia esso un privato, un’impresa o persino l’Agenzia delle Entrate – di intaccare tale somma a prescindere dai debiti accumulati, appunto, dal debitore. Chiaramente, tale misura si riferisce nello specifico a debitori che non dispongono di ulteriori beni con i quali saldare i propri debiti.
Le somme ora riconosciute a chiunque a titolo di pensione (incluse le prestazioni assistenziali come la pensione di invalidità), di assegni di quiescenza (quali ad esempio i Trattamenti di Fine Servizio riconosciuti ad alcuni dipendenti pubblici) o di indennità valide come pensione (come APE sociale, volontario o agevolativo oppure le Rendite Integrative Temporanee Anticipate) non potranno pertanto essere pignorate per un ammontare che corrisponde al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale: 1000 euro.
Qualunque quota al di sopra di tale somma potrà invece essere intaccata nel contesto del risarcimento dei debiti.
In quest’ultimo caso, non si registrano variazioni all’articolo 21-bis del decreto Aiuti Bis ora convertito in legge e l’importo in eccedenza ai mille euro resta pertanto pignorabile nei limiti previsti dal già citato articolo 545 (commi 3, 4 e 5).
Semplificando, le quote eccedenti potranno essere pignorate nei seguenti casi:
- Crediti alimentari, nella misura autorizzata dal Presidente del Tribunale o da un giudice da esso delegato.
- Per un quinto relativamente a tributi dovuti allo Stato, alle Province e ai Comuni.
- In ugual misura per qualunque altro credito.
Un interessante approfondimento sul tema è stato pubblicato negli scorsi giorni da IPSOA, ed è reperibile a questo link.
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